OLTRE IL PENNELLO: L'EMANCIPAZIONE FEMMINILE NELL'ARTE ROMANA
- AC Scuola Montessori APS
- 13 apr
- Tempo di lettura: 4 min
di Vittoria Albano
3A Liceo Classico artistico-filologico
Per l’8 marzo alle donne a noi vicine regaliamo mimose, scriviamo biglietti e diamo gli auguri, ma siamo veramente a conoscenza del valore di gesti che a noi sembrano tanto ordinari? La Festa delle Donne è un’occasione per celebrare, ovviamente, le donne, i loro talenti e i loro traguardi, ma purtroppo anche per denunciare le ingiustizie e i soprusi che ancora oggi subiscono. Sebbene questo dovrebbe accadere ogni giorno dell’anno, l’8 marzo vi è una particolare attenzione al mondo femminile, come una voce che viene ulteriormente amplificata da un megafono.
Ma troppo a lungo alle donne questa voce è mancata. Anzi, è stata zittita.
Ad esempio, tutti noi a scuola leggiamo le poesie dedicate da Dante a Beatrice, da Leopardi a Silvia, da D’Annunzio a Eleonora. Innegabilmente sono capolavori della letteratura italiana, ma cosa ci viene detto di queste donne? Che sono tanto belle e virtuose da far ardere il cuore d’amore, oppure che la loro freddezza provoca nel poeta sofferenza, e così via. Ma loro, seppur protagoniste di molte opere, non ne sono mai le autrici. Allo stesso modo, nella storia dell’arte le donne sono sempre state l’oggetto della rappresentazione artistica, e mai il soggetto. Mai artiste, ma modelle ritratte così come erano percepite allo sguardo maschile. In realtà, di artiste ce ne sono sempre state, e parecchie. Donne che, nonostante gli ostacoli che il mondo imponeva, hanno preso in mano tavolozza e pennello e sono passate dall’altra parte della tela. Eppure loro, con le loro opere, sono rimaste nell’oscurità per secoli. Se provassimo a contare le artiste donne che conosciamo, non c’è dubbio che alla maggior parte di noi basterebbero le dita d'una mano.
Proprio a questo scopo è stata allestita al Museo di Roma la mostra “Roma Pittrice. Artiste al lavoro tra XVI e XIX secolo” (25 ottobre 2024-23 marzo 2025). L’obiettivo dell’esposizione è stato quello di riportare sotto i riflettori 56 pittrici protagoniste del panorama artistico romano, oltre che italiano e internazionale, nel corso dell’età moderna. Alcune di esse sono piuttosto note ma, in quanto donne, poco apprezzate, come Artemisia Gentileschi o Lavinia Fontana. Allo stesso tempo i visitatori hanno avuto l’occasione di ammirare l’operato di artiste completamente oscurate dalla storiografia e oggi a molti di noi ignote, come Angelika Kaufmann, Emma Gaggiotti, Louise Seidler, Ida Botti, Amalia De Angelis. Le opere esposte a Palazzo Braschi, provenivano dalle collezioni dei Musei Civici di Roma, tra cui il Museo di Roma, oltre che da Brera, dagli Uffizi, fino alla National Portrait Gallery di Londra e al Museo Thorvaldsen di Copenaghen.
Nel percorso espositivo, Roma ha un ruolo centrale, non solo come luogo di formazione e pratica artistica, ma anche come personificazione delle artiste stesse. Negli anni in cui queste donne cercano di affermarsi come pittrici, le scuole pittoriche italiane, tra cui quella romana, stanno cercando di rendersi autonome dall’egemonia fiorentina. Nella mostra le artiste rivendicano la loro dignità e anche Roma rivendica il ruolo di capitale artistica dell’età moderna. Purtroppo le vicende biografiche, oltre che professionali, delle artiste sono incerte a causa della mancanza o scarsità di fonti. In non pochi casi si è scoperta solo di recente l’impropria attribuzione di opere a maestri e familiari uomini. Solo attraverso brevi citazioni, diari, lettere, autoritratti, firme, è stato possibile iniziare a ricostruire le identità di queste donne. Dunque, grazie a questa iniziativa, esse cominciano a riconquistare il posto nella storia che spetta loro di diritto.
Ricordiamo, ad esempio, Angelica Kauffmann (1741-1807), pittrice internazionale, salonnière, intellettuale di origine svizzera, trasferitasi a Roma nel 1782. Si specializza nella pittura a olio di argomento storico, considerata fino a quel momento appannaggio maschile. Nel 1768 fonda, insieme ad altri 34 uomini e una sola altra donna, Mary Moser, la Royal Academy di Londra. Alla sua morte, è Antonio Canova a organizzarle un funerale istituzionale a Roma e l’anno seguente un suo ritratto viene collocato nel Pantheon.
Un’altra artista eccezionale è Emma Gaggiotti (1825-1912), romana di nascita. Si definisce ella stessa “pittrice e patriota”, infatti partecipa attivamente ai moti risorgimentali. In campo artistico, dipinge soprattutto ritratti e opere a sfondo allegorico, commissionate dai nobili di tutta Europa, dalla regina Vittoria d’Inghilterra al principe Guglielmo di Germania, da Napoleone III di Francia alla corte sabauda.
Queste artiste sono tra quelle di cui è stato possibile ricavare più informazioni, dalle quali si evince che fossero figure di spicco del XVIII-XIX secolo. Eppure la loro memoria è rimasta sepolta fino a pochi anni fa. Ancora più grave è la situazione se ci si sofferma sulle artiste vissute tra i secoli XVI e XVII, molto meno emancipate ed influenti.
Nonostante tutta la frustrazione che ciò possa suscitare in noi donne di oggi, all’interno di questo scenario è evidente il progresso che ha avuto luogo nel corso della storia moderna. Per tale ragione, queste artiste possono essere fonte di ispirazione anche per noi.
Si tratta di donne che hanno oltrepassato i limiti che la società imponeva loro, hanno infranto le convenzioni, hanno acquisito, almeno in parte, indipendenza economica, hanno dimostrato il loro talento in Italia e nel mondo. Di conseguenza, consiglio vivamente di approfondire queste storie, poiché non solo possono chiarirci il passato, ma anche farci riflettere sul presente.

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